Il Colonello Chabert
Come spesso accade i romanzi e le novelle di Balzac subiscono molti rifacimenti e spesso cambiano titoli. Anche questo lungo racconto – o se vogliamo dire romanzo – di Balzac ha avuto una lunga gestazione. La prima versione è intitolata “La Transazione” si presenta pubblicata in quattro puntate sulla rivista letteraria “l’Artista” a febbraio ( il 19 e il 26) e a marzo ( il 5 e il 12 ) del 1832. Balzac ha 34 anni, iniziano i suoi successi letterari con La “Fisiologia del Matrimonio”, con “La pelle di Zigrino”.
La consacrazione come scrittore di successo avverrà, però, nel 1833 con “Eugénie Grandet “e nel 1835 con “Le père Goriot“, ma ancora non è delineato il grande progetto della “Comédie Humaine“.
Nel 1834 appare una seconda versione rimaneggiata con un nuovo titolo “La Contessa con i due mariti“, pubblicata con l’editore Bechet, nel XII tomo delle “Scene della vita parigina“, nella parte riguardante “Gli studi dei costumi del XIX secolo.“
La terza versione vede finalmente, nel 1844,il titolo definitivo, “Il Colonnello Chabert“, all’interno della Comédie Humaine con l’editore Furne, nel II tomo delle “Scene della vita parigina“.
Balzac, però, non fu molto contento del titolo.
Sempre rifacendoci alla seconda versione Balzac sognava di inserila in un volume “La Causeries du soir“ e in seguito di pubblicarla in due volumi negli “Studi di donne“. Infatti era molto interessato all’universo femminile. Sopra un foglio egli aveva fatto degli appunti a riguardo, pensando di approfondire i temi femminili ; donna sola, con due mariti, abbandonata, senza cuore, ecc.
Avendo ricevuto solo un acconto dall’editore de “L’Artiste“, Ricour, si arrabbiò molto con lui, perchè questi aveva ceduto a sua insaputa i diritti all’editore Fournier, che a sua volta aveva pubblicato il racconto nella sua rivista “Le Salmigondis“ e aveva messo il titolo “Le comte Chabert“ . Balzac contestando Ricour in quanto non aveva il diritto di cedere la proprietà della “Transazione“ gli fece causa presso il Tribunale del Commercio. Soltanto dopo due anni, nel 1834, vincerà la causa e chiederà a Mme de Berny di fare le giuste correzioni in quanto la rivista aveva delle imperfezioni e lui essendo rientrato nei suoi diritti poteva rivedere la dua opera.
Questo lunga genesi ci regala, però, un capolavoro.”
Entriamo adesso nel vivo dell’opera. Dal punto di vista psicoanalitico il romanzo esprime la sofferenza di una ferita narcisistica, talmente intensa da incidere sull’identità. Un’dentità ritrovata a fatica, per la quale si è lottato e che per il mondo, secondo gli aspetti legali, non esiste più.
Il moderno Ulisse,- il Colonnello Chabert – al suo ritorno dalla guerra, creduto morto, non trova una casta Penelope ad accoglierlo, ma una donna senza cuore, spregiudicata e perfida.
Balzac, in questo romanzo, ha messo in luce sentimenti forti, pieni di patos, che rimandano a problematiche personali. È spesso il suo inconscio a parlare e a essere drammatizzato nei suoi personaggi. Cosí viene messo in scena l’abbandono materno, il desiderio di vendetta, la delusione subita.
La forza della proiezione è uno strumento letterario potente, ma solo un artista è capace e può essere in grado di maneggiarlo. Ciò che si vive nella realtà viene riletto e restituito ad un ordine collettivo. Assistiamo a pagine nelle quali, la derisione, l’ingenuità, l’umiliazione, la violenza, la bontà, la comprensione, l’altruismo, la lealtà, il disinteresse, la perfidia, l’egoismo, l’inganno, la caduta dell’amore, l’orgoglio si fanno carne nella eterna dialettica tra la vita e la morte.
Nel Colonnello Chabert si racconta una storia di guerra, una delle tante vicende, a cominciare dai racconti classici, del ritorno di un reduce. Dopo otto anni, dopo traversie infinite, egli si presenta nel teatro della sua vita, creduto solo da chi ha un’anima retta e onesta, da chi è capace di cogliere la verità autentica.
Poche persone secondo Balzac hanno questo dono.
Un dato molto importante per comprendere meglio il romanzo è rappresentato dalle influenze che il nostro scrittore ha vissuto in famiglia, essendo il padre un funzionario militare prima nell’armata repubblicana, poi nell’armata imperiale fino alla disfatta di Waterloo. Non solo aveva potuto ascoltare avvenimenti di soldati che avevano perso la memoria circa la loro persona, ma anche che ritornavano come dei “ redivivi“. Inoltre era presente in quegli anni un certo interesse per la letteratura militare e lo stesso Balzac si era cimentato, anche sotto pseudonimo, nel 1828 in“Le Dernier Chouan“ e in altri racconti che è lungo ricordare.
Un altra considerazione da non fare passare sotto silenzio, palesemente presente ne “Il Colonnello Chabert“, riguarda l’esperienza notarile di Balzac presso lo studio di Guillonnet – Merville e di Victor Passez a seguito della sua laurea in giurisprudenza voluta da sua madre.
Fin dall’incipit ci troviamo nella realtà da lui vissuta e assistiamo dal punto di vista tecnico ad una delle caratteristiche di Balzac; quella di far presentare il personaggio principale dai personaggi secondari. Il colonnello Chabert viene presentato attraverso le parole dei “galoppini“e si preannuncia con quelle che sono le caratteristiche della sua vicenda esistenziale, con una descrizione fisica di grande sofferenza e di grande povertà.
L’aspetto che colpisce é la commistione di realtà e di fantasia che sempre troviamo nell’opera del nostro scrittore.
Egli infatti concepiva la vita come un romanzo e il romanzo come la vita. Un visionario travestito da realista come affermava Baudelaire.
La descrizione puntuale, il linguaggio del quotidiano sono espressione di una tecnica letteraria ormai matura che si esprime in ipotesi rendendo il lettore incuriosito e sospeso di fronte agli avvenimenti. Il romanzo si articola tra le due realtà parigine, il quartiere dei ricchi, il faubourg Saint- Germain e quello dei poveri, il quartiere Saint -Marceau, ma l’avvenimento più importante è rappresentato dalla battaglia di Eylau del 1807, una tra le più sanguinose battaglie nella quale Napoleone sconfisse i Russi.
Non è un caso, quindi, il fatto che Balzac si rifaccia a questo episodio storico. Egli era un grande ammiratore di Napoleone, tanto che spesso aveva affermato che sarebbe diventato un Napoleone della penna. La sua grande ambizione e la consapevolezza del suo genio gli fece dire :“ Quello che Napoleone non riuscì con la spada io lo condurrò a termine con la penna“.
Con estrema maestria, leggerezza e profondità Balzac dosa le varie parti del romanzo, storiche, sentimentali, sociali e giuridiche. Il lettore è catturato da emozioni diverse.
Si diverte nella descrizione scanzonata dei giovani “galoppini“ dello studio, prova orrore nelle immagini di guerra, ammirazione per la forza morale del protagonista, disprezzo per la falsità della moglie, conforto per la professionalità dell’avvocato.
Potremmo affermare che la morale del “Il Colonnello Chabert“ risiede nell’affermazione della ricerca della vera identità, del “vero Sé“, non di una identità falsa non nella sola identità sociale, ma in quella che l’individuo da a se stesso, non piegandosi a compromessi facili.
Come in ogni romanzo di Balzac il lettore attento deve ricercare il messaggio nascosto, il rifiuto dell’ipocrisia, che lo scrittore nel suo tempo riscontrava nella classe aristocratica e borghese, che si vendeva per raggiungere posizioni di potere e di guadagno con spregiudicata libertà, sacrificando la morale e l’onestà . La dignità non si vende. Un messaggio forte quello di un uomo che ha rischiato la vita per la patria e per il proprio Imperatore.
Morale troppo lontana questa dai giorni nostri. Nei tre protagonisti, il colonnello, il giurista, la moglie, sono incarnate l’onestà, la rettitudine e la cattiveria.
L’impianto drammatico, la ricchezza dei contenuti storici ha reso il romanzo adatto per una produzione cinematografica. C’è da dire che nei 1832 era stata realizzata una riduzione teatrale. La “Transazione“, ossia la seconda versione, era stata messa in scena a teatro dal fratello di un amico di Balzac, Jacques Arago e da Louis Lurine con il titolo Chabert. Il lavoro fu molto criticato dal perfido Jules Janin, ma la rivista “La Quotidienne“, la stessa rivista che fece iniziare la storia d’amore con la Contessa Hanska,fece degli elogi, considerandola , nuova e stimolante, interessante, emozionante, i personaggi ben descritti. La cosa più importante fu che uscí in modo quasi profetico con il titolo del romanzo.
Il primo film risale al 1911 il cui regista fu Henri Pouctal, con Claude Garry, Aimée Raynal e Romuald Jubé.
Il più apprezzato e forse il più conosciuto è stato quello del 1994 di Yves Angelo, con artisti ben noti a tutti, quali Gérard Depardieune a Fanny Ardant.
Quello però più riuscito è la versione del 1943 di René Le Hénaff, dove l’attore Raimu è superbo nel ruolo del Colonnello. Anche Marie Bell incarna bene la Contessa Ferraud.
Roma 23 agosto 2017