Catch them. La psicoanalisi del breakdown psichico

Il titolo vuol dire “Prendili per tempo” e il contenuto del breve testo descrive come trasformare un breakdown in una breccia (breakthrough) nel Sé del paziente; lo scopo inconscio del breakdown, spiega l’Autore, è di presentare il Sé all’altro per ottenere una comprensione trasformativa.

Christopher Bollas, presentando il suo approccio radicale al trattamento delle persone sull’orlo del crollo psichico, offre un nuovo e coraggioso paradigma clinico che risulta di estremo interesse per uno psicoterapeuta psicoanalitico.

Catch them” offre un’altra visione alla comprensione dei vari vertici riguardanti il trattamento del “breakdown” di quelle persone che definisce un “Sé a pezzi”.

In quest’epoca, in cui i trattamenti psichiatrici e gli interventi cognitivo-comportamentali risultano l’approccio più prudente e al tempo stesso più efficace, Bollas riesce a dimostrare l’importanza di un approccio intrapsichico allo stato mentale della persona in breakdown e presenta varie ragioni convincenti sull’importanza di fornire al paziente un’esperienza in cui l’eruzione inconscia possa facilitare un “nuovo inizio psicologico”.

Il testo è sorprendentemente semplice da seguire, sebbene comporti spesso la necessità di tornare indietro di qualche pagina per rileggere alcuni passaggi fondamentali. Rivisitando il volume, infatti, si trovano e ritrovano continuamente pensieri che possono essere utilizzati in tutti i modelli del discorso psicoanalitico e, al tempo stesso, si rimane costantemente con un sentimento di speranza e di fiducia sull’importanza di sostenere coloro che devono affrontare un dolore mentale inimmaginabile. Questi vissuti rappresentano un dono raro quando si legge un libro sia per il lettore che non è del settore sia per uno psicoterapeuta professionista.

Bollas inizia la sua ricca esplorazione con la fenomenologia dei “Sé spezzati” – quelli che hanno subito precedenti breakdown non psicotici – e descrive le variazioni che tali Sé spezzati possono presentare e le possibili conseguenze dannose a cui può andare incontro il paziente quando, davanti al “crollo”, lo psicoanalista ansioso lo indirizza a una terapia di gruppo o a un training di gestione dell’ansia oppure dà indicazioni per un ricovero ospedaliero e/o un intervento psicofarmacologico: in questo modo il breakdown diventa strutturale e «la personalità si ricostituisce intorno agli effetti del breakdown, riordinando il Sé al fine di funzionare e sopravvivere in condizioni significativamente ridotte. Questo preannuncia una esistenza futura misera” (p. 25). Si nega infatti al paziente l’opportunità di un trattamento psicoanalitico intensivo che – nella tecnica proposta da Bollas – può durare un’intera giornata o anche più giorni all’interno dello studio dello psicoanalista.

Il capitolo “segnali di breakdown” richiede più letture e risulta difficile poterlo sintetizzare in una sola recensione. Riporterò solo alcuni pensieri nodali sui “segni di breakdown” in cui lo psicoterapeuta psicoanalitico può imbattersi: un rallentamento della consueta modalità di parlare, uno sguardo fisso nel vuoto oppure un esordio improvviso, più frequente in pazienti molto vulnerabili, ma con difese rigide. Il terapeuta deve scoprire in dettaglio cosa è accaduto nei giorni precedenti e deve tollerare il fatto che il paziente possa rispondere “niente” più volte. L’analista a questo punto deve diventare “inquisitivo” – afferma Bollas – offrendo una presenza terapeutica attiva e ponendo domande precise come: «Raccontami solo quello che hai fatto durante il week-end» oppure «Allora, che succede?”.

Nel capitolo successivo Bollas indica le linee guida per lavorare con le persone che hanno un breakdown come, ad esempio, l’importanza di collaborare con uno psichiatra, di trovare un taxista che garantisca la partecipazione alle sedute e il ritorno a casa, gli aspetti relativi al pagamento, ecc.

Ampio spazio è dedicato ai resoconti del lavoro concreto svolto con i pazienti: Emily, Anna, Mark e, infine, Bollas dedica uno spazio all’indagine sulla natura dell’esperienza differita che ha portato al breakdown.

L’analista – sottolinea Bollas – deve attendere fino a quando l’analizzando non sarà in grado di parlare e, se questo richiede più tempo di quanto se ne utilizza in seduta, allora occorrerà fornirgliene di più. Il tempo, sostiene l’autore, è la variabile cruciale se si vuole aiutare un paziente sull’orlo del crollo psichico (p. 82).

Un altro tema, nel pensiero di Bollas, è l’importanza della “spiegazione”, scritta o meno, che serve alla persona che sperimenta un breakdown; la spiegazione rappresenterà l’“oggetto lucido”, ovvero fungerà da organizzatore psichico favorendo lo sviluppo di una nuova struttura psichica del Sé.

Questo libro indica ai clinici che il lavoro psicoanalitico tradizionale è insufficiente con i pazienti in breakdown e che è necessaria una psicoterapia psicoanalitica intensiva e, a tratti, anche direttiva. Leggere la stimolante proposta di Bollas susciterà nel lettore molte domande; alcune di queste, nella sezione finale del testo, si ritroveranno sicuramente in quelle poste da Sacha Bollas all’autore attraverso un preciso schema di domande e risposte.

In conclusione, conoscere il modo di lavorare di Bollas potrà rendere il difficile lavoro psicoanalitico più promettente per il futuro e, come tale, la lettura di questo testo potrà rappresentare per il clinico il suo oggetto lucido, ovvero l’opportunità per un nuovo modo di lavorare come psicoterapeuta con i casi difficili.

Salvatore Capodieci
Socio ordinario della SIPP