Freud, Sullivan,Mitchell, Bion, And The Multiple Voices Of International Psychoanalysis, di Marco Conci

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ALESSANDRA CHINAGLIA CORNOLDI
L’Autore, conosciuto da me attraverso la lettura de l’”International Forum of Psychoanalysis”, quando era ancora cartacea, poi diventato Direttore della stessa rivista online, che insieme alla Int. J. Psycho-Anal. è tra le riviste più prestigiose al mondo, ha scritto un’opera sulla storia della psicoanalisi che, secondo me, è il più bel trattato di psicoanalisi degli ultimi anni. Il volume è di 721 pagine e si leggono tutte di un fiato.

Insieme ad esso ultimamente mi aveva colpito un altro lavoro di Clara Mucci dal titolo “Beyond individual and collective trauma – Intergenerational Transmission, Psychoanalytic Treatment, and the Dynamics of Forgiveness”.
Karnac Books Ltd, London, 2013.

Non a caso i due Autori, italiani di nascita, si sono formati anche negli Stati Uniti.

Di come tutta l’opera di Marco Conci si snoda parlerò in seguito. Le pagine che più mi hanno colpita e che si trovano nel capitolo “Afterword – Why and how I became a psychoanalyst” (pag. 609 a pag. 701), sono tra le più originali che abbia letto dopo le opere complete di Sigmund Freud, quando lo scopritore dell’inconscio, a Vienna, per dimostrare la scientificità della sua scoperta, non ebbe timore di parlare della sua vita personale più intima e quotidiana.
“Sono nato a Trento, in Italia, nella primavera del 1955, Trento con Bolzano e Trieste diventarono italiane solo alla fine della Prima Guerra mondiale nel novembre del 1918. Due eroi locali giocarono un ruolo molto significativo negli eventi storici attraverso cui la nostra regione, Trentino Alto Adige – Südtirol in tedesco), fu annessa all’Italia e attraverso cui, dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli fu concesso uno statuto come regione a amministrazione autonoma. I due eroi furono Cesare Battisti (1875- 1916) e Alcide De Gasperi (1881-1954). Mio padre li stimava moltissimo e passò a me queste virtù e inclinazioni che emergeranno nel corso di questo mio scritto. Battisti e De Gasperi erano bilingui e avevano studiato in Austria e in Italia (…)”. L’autore racconta come egli crebbe in un clima in cui la famiglia aveva sentimenti italiani e che il padre ingegnere fu il costruttore di tutte le strutture olimpioniche per le Olimpiadi di Cortina del 1956.

Racconta quanto il padre avrebbe desiderato che seguisse la sua professione, e quanto egli si sentisse distante da questo mondo. Voleva studiare Medicina e riuscì a laurearsi studiando prima a Bologna poi a Firenze. È interessante l’intreccio che Conci riesce a fare dei luoghi che Sigmund Freud con la sua famiglia d’estate frequentava, vale a dire Longarone, amando molto l’Italia e come si evince dai suoi racconti di viaggio, anche da solo, conobbe Venezia, Trieste, Roma e qui si ispirò per i suoi scritti più geniali. Nel mio studio c’è una fotografia di Freud al Des Bains del Lido di Venezia che, con degli amici, si gode il sole, rilassato su una sedia sdraio, come Dirk Bogarth nella sua mirabile interpretazione de “La morte a Venezia” di Thomas Mann, per i critici il film più bello di Luchino Visconti.

Marco Conci ci racconta la svolta della sua vita: l’aver fatto la terza Liceo negli Stati Uniti, a nord di New York, ospite di una famiglia di ebrei intellettuali. “Come potete immaginare fui molto felice di lasciare la mia famiglia. Ero membro della AFS- Italy chiamata Intercultura, per la quale anche mia sorella Anna passò un anno in Germania. Comunque frequentai la Mamaroneck High School, nel New York State, ma molto più importante della scuola fu la famiglia in cui vissi. Abitavamo a Larchmont, N.Y., a mezzora dalla stazione principale della città. La culture ad cui provenivo era gerarchica e conservatrice e non avevo mai avuto esperienza di feste in famiglia in cui ci fossero vecchi e giovani insieme a parlare e discutere. Io ricordo il mio “American father” chiedermi le mie idee e sentimenti con una curiosità che mio padre non aveva mai avuto. Io per altro non avevo mai incontrato un ebreo a Trento dove vigeva la leggenda di San Simonino, patrono della Cattedrale, che era stato santificato in quanto trucidato dagli ebrei per farne del suo sangue le azzime di Pasqua, considerato in tutta l’Europa dell’Est il crimine più efferato degli ebrei. Invece io trovai una famiglia inaspettata per me, molto molto democratica e molto felice di reali scambi culturali. Ciò che è sicuro che per la prima volta io mi sentii persona quando mi si chiedeva il mio parare, così la mia “American identity” mi fece diventare una persona felice, capace di usare la parola happy, e di sentire le emozioni come un qualcosa di positivo.”

Personalmente ho trovato questo passo coraggioso e delicato; pochi analisti hanno avuto il coraggio di scrivere profondamente il loro vissuto sulla prima volta in cui si sono sentiti “persona”. Freud lo scrisse molte volte.

Volendo presentare l’opera in toto preceduta da una interessante prefazione di Stefano Bolognini (Past President IPA), essa si snoda attraverso un’introduzione che parla di Freud e della sua corrispondenza anche come giovane medico nelle sue lettere a Eduard Silberstein, sul perché Freud scelse la facoltà di Medicina e sulla sua Self- Analysis.
L’introduzione della parte seconda è segnata dalle figure di H.S. Sullivan e S.A. Mitchell: un interessante capitolo, il IV, parla di Sullivan rivisitato in una originale versione in cui l’autore viene chiamato al White Institute di New York per approfondire la figura di Sullivan che con Fromm-Reichmann e Fromm, Heinz Hartmann, Melanie Klein e Jacques Lacan fu tradotto in Italia già negli anni 60. Il focus del suo lavoro è quello della prospettiva inter-soggettiva.

Conci si sofferma su S.A. Mitchell (1946-2000) in Italia con una corrispondenza di lettere inedite tra Mitchell e l’autore.
Nell’introduzione alla parte III dal titolo “Le radici molteplici del lavoro di W. R. Bion e del concetto di campo analitico, l’autore rivisita il concetto della “Psicoanalisi Comparativa. Nel settimo capitolo si ritrova Bion e il suo primo analista, John Rickmann (1891-1951), e la rivisitazione della loro relazione alla luce della personalità di Rickman e la produzione scientifica delle lettere di Bion al suo analista. Nel capitolo ottavo dedicato a Bion e Sullivan si mette a fuoco il loro illuminante confronto: la teoria interpersonale della Psichiatria in Sullivan, e imparare dall’esperienza di Bion. Segue il capitolo della teoria del campo analitico, un approccio dialogico, una prospettiva pluralistica e un tentativo di una nuova definizione di quella che è conosciuta da tutti come “Analytica Field Theory”.
Tutte queste teorizzazioni sono molto illuminanti sugli intrecci variegati del mondo analitico attuale e sulla nascita di tali teorie. Lo stile storicistico e narrativo è avvincente e non si perde mai la tensione che questa scrittura mirabile dell’autore multilingue lascia nel lettore. Si entra nel mondo degli analisti descritti sentendosi in rapporto stretto con loro e la nostra storia, nazionale e internazionale, personale e professionale.

L’introduzione alla parte IV ci porta sempre alla psicoanalisi internazionale ma con un focus sull’Italia e sulla Germania: Gaetano Benedetti, Johannes Cremerius e l’International Federation of Psychoanalytic Societies (IFPS) e l’associazione di Studi Psicoanalitici di Milano (ASP), nonché la prima Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica (SPP) di Milano. Molto interessante la descrizione di Gaetano Benedetti attraverso il suo lavoro autobiografico Selbstdarstellung che fu pubblicato in Germania nel 1994. Benedetti crebbe a Catania ma poi si spostò a Zurigo per specializzarsi in psichiatria con Manfred Bleuler, figlio di Eugen (1857-1939). L’autore racconta come l’incontro con Benedetti fu un grandissimo dono della sua vita, infatti la New York University Press nel 1987 pubblicò il suo famoso libro “Psychotheraphy of schizophrenia”. Benedetti insegnò in Bale, a Zurigo (1959), a Losanna (1964), Turku (1971), Oslo (1975), Losanna (1978), Heidelberg (1971), Yale (1985), Torino (1988), Stoccolma (1991). Pubblicò la rivista “Psychosis: Psychological, Social and Integrative Approaches” e organizzò un simposio alla fine dell’agosto 2013 in Varsavia sotto la leadership dello psicanalista e psichiatra Brian Martindale, primo Presidente dell’EFPP (European Federation of Psychoanalytic Psychoteraphy.
Interessanti i capitoli 11 e 12 dove Marco Conci intervista Stefano Bolognini e Horst Kächele.

Invito caldamente a leggere questo libro che più di ogni altro mi ha insegnato strade nuove, presenti e passate, e mi ha entusiasmata per la scrittura da “novelist” dell’autore.

Alessandra Chinaglia Cornoldi – San Marco, 3536 – 30124 Venezia.
Psicoterapeuta con formazione psicoanalitica (SIPP)
Adult Delegate SIEFPP per la EFPP