Carpino Federica, Recensione Giornata di Studio 2020: L’ascolto psicoanalitico
GIORNATE SIEFPP 2020
L’ascolto psicoanalitico
Efficacia e fattori terapeutici della psicoterapia
Recensione
Il volume, prezioso completamento al mandato di Presidente SIEFPP della dottoressa Maria Antonietta Fenu, raccoglie gli interventi che hanno animato la Giornata SIEFPP 2020, che segue a quella del 20018 (“Nuove forme del malessere e psicoterapia psicoanalitica” e a quella del 2019 (“Dentro le mura: fenomeni dissociativi intrafamiliari e intraistituzionali”). Le quindici Società scientifiche della SIEFPP che si occupano di Psicoterapia Psicoanalitica da prospettive diverse, distribuite in quattro Sezioni (Adulti, Gruppi, Bambini e Adolescenti, Coppie e Famiglie), hanno prodotto interessanti contributi che sono stati raccolti nel Volume “L’ascolto psicoanalitico. Efficacia e fattori terapeutici della psicoterapia”. L’ascolto psicoanalitico, terreno comune di riferimento, sonda attraverso la quale interrogare l’attuale che si presenta attraverso sempre nuove forme di malessere (la“clinica del vuoto”, le “passioni tristi”), è il tema variamente dibattuto che sollecita un’attenta verifica delle collaudate competenze, estendendo l’applicazione del modello psicoanalitico “fuori divano” (Racamier, 1973), a setting diversi: di gruppo, di coppia, di famiglia. Di fronte a forme nuove di disagio, sono stati registrati differenti modi di esistere e di narrarsi, di sentirsi vivi e di contattare il desiderio, di stare al mondo con se stessi e con gli altri. Tutto questo, che si intreccia con i mutamenti socioculturali e antropologici, ha reclamato il ripensamento degli antichi dispositivi di ascolto e del prendersi cura. I contributi del presente volume, prezioso ancor più perché dà voce ai tanti giovani allievi delle Associazioni SIEFPP, offrono l’occasione di un fertile confronto, a partire dalle cornici stesse individuate per affrontare il malessere per il quale si chiede aiuto.
Ripiegamento malinconico, identità ferite nel proprio narcisismo, dipendenze patologiche, evitamento a tutti i costi del lutto, negazione della separatezza e delle differenze emergono da un contesto sociale e storico che ha prodotto lo smarrimento dei garanti metasociali e metapsichici. Intanto, i disagi della contemporaneità, come ricorda A. De Rosa, relegano l’inconscio in un angolino e ne rendono difficile l’accesso, nel mentre assenza del limite, carenza di progettualità interna e senso di vuoto trovano espressione in nuove forme psicopatologiche che trasformano il paziente in un “paziente difficile da raggiungere”, perché “molto in contatto con la realtà esterna e poco con la propria realtà soggettiva” (De Rosa).
Come ricorda Corrente nel suo contributo al volume, l’ascolto offerto può consentire al terapeuta di intuire, comprendere “all’improvviso” qualcosa del paziente, ancor più che dai sensi, da un precipitato inconscio che irrompe e che ne orienta la conoscenza.
Infatti, prezioso strumento dell’artigiano-terapeuta, l’intuizione si articolerà all’ascolto in modo da rendere possibile il ridare significato alle note apparentemente stonate del discorso del paziente.
Si tratterà, in ogni caso, di ascoltare l’attuale nel quale confluiscono i resti di un passato non pienamente vissuti, che, in attesa di essere accolti e integrati, si insinuano e insistono nel presente sotto nuova forma: l’attuale soggettivo, costantemente aperto all’alterità. “Proprio a questo attuale, che viene da un passato non vissuto, e che insiste nel Presente, l’orecchio psicoanalitico dovrà ben allenarsi” (Trapanese).
L’Io del soggetto, reso fragile dalla propria ferita narcisistica, incapace di rappresentare simbolicamente la propria realtà psichica, di sognare, di associare e di pensare, si difende dal crollo e dal vuoto investendo il confine di una chiusura auto conservativa (Castriota), che lo mette al riparo dall’angoscia della perdita di punti e sistemi di riferimento stabili.
Se nuove domande di aiuto esigono nuove risposte, ecco che viene invocata un’estensione dell’ascolto, “che dovrà misurarsi con un campo nuovo e più esteso, si soffermerà specificamente su quegli spazi di realtà psichica inconscia” (Trapanese) e che dovrà esigere un’estensione della tecnica stessa e quindi dell’ascolto.
Molti dei contributi offerti nel volume costituiscono la giusta occasione per ripensare all’ascolto come costrutto, strumento e spazio che permetta il dispiegarsi del processo di cura del paziente nel lavoro clinico. “Cura” deriva dal latino cura, che, a sua volta, è il derivato della radice ku-/kav- che significa osservare: osservare, dunque, e ascoltare. I sensi che si attivano diventano idonei a ricevere, e così ad accogliere l’altro. L’ascolto si dimostra, infatti, inscindibile dall’osservazione, in un rapporto circolare che coinvolge tutti gli altri sensi.
La cura, intesa nella sua accezione del “prendersi cura”, si rivela così capace di accogliere l’altro nei suoi aspetti più profondi, di facilitare la relazione attraverso un ascolto non giudicante, che punti a comprendere gli affetti e i bisogni, attraverso lo sviluppo di una capacità empatica che fa sì che il terapeuta provi ciò che il paziente prova, senta non solo al suo posto, ma finanche nella sua pelle.
Viene, intanto, a più riprese sottolineata la valenza trasformativa delle psicoterapie psicoanaliticamente orientate che hanno dimostrato la superiorità in termini di efficacia rispetto alle terapie cognitivo- comportamentali (M. Biondi).
Nella introduzione della prima sessione clinica, P. Cruciani bene evidenzia come l’ascolto vada concepito “come elemento che caratterizza il processo psicoanalitico, come mezzo di conoscenza e di intervento trasformativo terapeutico”. Pensato come un’operazione attiva, l’ascolto psicoanalitico si pone come “una disposizione a ricevere, a compiere una soluzione e un collegamento con l’esperienza complessiva”.
Da vari contributi, emerge con maggiore chiarezza che la sintonizzazione del terapeuta attiva un ascolto con tutti i sensi, un ascolto in cui il terapeuta acquisisca la capacità di potersi smarrire, di perdere temporaneamente le proprie certezze, i propri punti di ancoraggio al fine di incontrare il paziente, esattamente nel luogo e nel tempo in cui si è fermato. Il tema dell’ascolto psicoanalitico viene pertanto ampiamente esaminato da contributi clinico-teorici che sono stati distribuiti nelle tre Sessioni Cliniche pomeridiane, seguendo le seguenti tracce: 1) Ascoltare il silenzio: quando è il corpo che parla; 2) Ascolto dell’ascolto e pluralità dei contesti; 3) L’ascolto polifonico nella stanza di psicoterapia.
- A. Fenu, G. Ballarotto ed E. Marzilli, hanno bene messo in evidenza la specificità dell’ascolto psicoanaliticamente orientato, sostenuto dall’empatia, dalla condivisione di affetti, sentimenti ed emozioni. Per questo, il lavoro formativo dell’ascolto di se stessi promosso dalle Scuole di Psicoterapia SIEFPP ha un ruolo determinante nella qualità e durata degli esiti della clinica esercitata da Psicoterapeuti ben formati.
Con la seconda sessione clinica, “Ascolto dell’ascolto e pluralità dei contesti”, si vedono affrontati diversi temi che emergono all’interno di Istituzioni pubbliche dal lavoro psicoanaliticamente orientato. In queste, protagonisti sono anche giovani operatori in formazione, che si ritrovano accompagnati e sostenuti nel delicato percorso di costruzione della propria identità di psicoterapeuti. Alcuni contributi, intanto, mettono in luce quanto possa essere difficile attivare un processo psicoterapeutico allorchè l’Istituzione, rivelandosi matrigna e non madre, non sarà in grado di sostenere gli operatori che spesso si ritrovano soli e senza risorse. Lo spazio di supervisione, che viene all’uopo attivato, si offre, allora, come necessario spazio per ripensare all’ ascolto offerto e al modo stesso con cui il paziente ha ascoltato quanto gli è stato detto in terapia (ascolto dell’ascolto). L’ascolto dei propri vissuti da parte degli operatori e dell’ “ascolto dell’ascolto” del paziente, costituiscono, pertanto, parte essenziale del processo formativo di cui si fanno carico le Scuole che afferiscono alla SIEFPP. Se il tema della cura è costantemente presente in tutti i contributi, in alcuni (come quello delle dottoresse Burzio e Iorio) l’ascolto pur diversamente declinato all’interno di setting diversi (individuale e di coppia), conduce ugualmente alla scoperta di “materia psichica” che si trasmette attraverso le generazioni (“oggetti transgenerazionali”).
Con l “Ascolto polifonico nella stanza in psicoterapia”, viene affrontato più puntualmente l’ascolto della dinamica transfero–controtransferale.
1) Ascoltare il silenzio: quando è il corpo che parla; 2) Ascolto dell’ascolto e pluralità dei contesti; 3)L’ascolto polifonico nella stanza di psicoterapia: sono queste le tracce che il lettore è invitato a seguire.
Nel contributo “Ascoltare il silenzio: quando è il corpo che parla” le situazioni cliniche presentate, pur diverse tra loro, appaiono accomunate da una particolare qualità di ascolto psicoanalitico, che è l’ascolto del silenzio. Si mostra, infatti, come da parte dello psicoterapeuta l’ascolto si offra come una disposizione a ricevere, a sentire non soltanto le parole, ma quanto passa attraverso il proprio corpo.
L’ascolto, diventa, infatti, ascolto di quello che non si ode, eppure si sente tramite l’attivazione e la disposizione degli altri sensi che colgono, raccolgono e restituiscono accendendo una vitale comunicazione del paziente con se stesso, e del gruppo, della coppia e della famiglia col proprio “interno”.
Attraverso le sue varie declinazioni, l’ascolto psicoanalitico va quindi inteso come “disposizione interna dell’analista ad udire in modalità ricettiva. Un ascolto psicosensoriale, ben espresso dal termine “sentire”, che allude ad una disposizione introspettiva della coppia analitica” (Carlo Passarelli). Da parte dell’analista l’analisi del proprio controtransfert consentirà, dopo averli sperimentati nell’incontro con il paziente, di comprendere e rappresentarsi gli affetti e le emozioni, da mettere al servizio di un’interpretazione efficace e vitale.
Non va trascurata la necessità di poter sviluppare quella capacità negativa (Bion, 1970), ossia la capacità di tollerare il dubbio, la confusione e la difficoltà di comprendere, in attesa ci si possa offrire al paziente come oggetto trasformativo (Bollas, 1989).
L’ascolto psicoanalitico che si dispiega nel processo di cura equivale alla capacità di contenere, è in questo senso accostabile alla nozione winnicottiana di holding (Winnicott, 1958), ossia di quella capacità materna di contenere fisicamente ed emozionalmente il proprio bambino da cui deriva l’introiezione e l’interiorizzazione della continuità e del senso di Sé e dell’esistenza, che costituiscono la base sulla quale poggia lo sviluppo dell’autonomia del soggetto, insieme alla la possibilità di sperimentarsi come persona viva e creativa.
L’ascolto che si declina a seconda dei vari setting possibili (individuali per adulti, bambini e adolescenti, di coppia, di famiglia, di gruppo terapeutico e di gruppo istituzionale) svolge in ogni caso quella funzione di pelle psichica capace di contenere e proteggere.
Nel lavoro psicoterapeutico con i bambini, ci ritroviamo a misurarci col gioco. Rievocando il contributo “Udire con gli occhi: l’ascolto multiforme nelle psicoterapie con i bambini e con gli adolescenti e i loro genitori” di Virginia Giannotti, il gioco, se colto nella sua capacità di significare e trasformare l’esperienza, è sempre un gioco di rispecchiamento: il bambino si specchia nello sguardo della madre per avere prova della sua consistenza, della sua integrità e interezza, per non smarrirsi e per poter essere trovato (A. Freud, 1953).
Il gioco di un bambino, così come la narrazione di un paziente molto regredito, reclamerà un ascolto primario che ne permetta la rêverie, onde poter accedere ad un linguaggio creativo e associativo che mobiliti quello unico del paziente, un linguaggio che non sia la mera copia della nostra proposta, ma movimento privato e vitale, volto a trovare soluzione ai problemi evolutivi.
A proposito dell’ascolto dell’adolescente all’interno della sua famiglia si creano le condizioni per poter cogliere i primi segni di un prevedibile breack-down. Un intervento precoce potrà allora evitare che vengano compromesse la stabilità, la prevedibilità, la continuità e l’integrazione del Sé, che minaccerebbero i processi di identificazione e di crescita. La lettura del contributo di S. Taccani “L’ascolto di coppie e famiglie con tutti i suoi sensi”, chiarisce quanto sia proprio l’analisi dei legami a permettere di “riconoscere e sciogliere nodi, aprire conflitti, disarticolare ingranaggi e incastri” e a offrire, dunque, quell’ascolto in grado di restituire a coppie e famiglie la possibilità di dialogare con le proprie storie e ricostruirle.
Si comprende dai tanti contributi quanto l’ascolto analitico sia una capacità che si può sviluppare solo nel corso di un training articolato che prevede un’analisi personale, strumento indispensabile perché si possano affinare i propri organi di senso, al fine di riuscire a sentire attraverso il controtransfert gli elementi primitivi della comunicazione dei pazienti anche gravi e quanto all’interno della relazione analitica “scorre in profondità come un fiume sotterraneo”, trovando la sua “espressione in aspetti vocali o ritmici della verbalizzazione, e perfino, a livelli extra verbali corporei” (Maiello, 2011).
Proprio come suggerito dal contributo di Stefano Bolognini, risulterà evidente come l’analista abbia da affinare i suoi sensi per poter sentire i differenti livelli che si attivano nello spazio della coppia analitica, all’interno di un ascolto, quindi, che non tenda alla mera interpretazione, ma che si disponga empaticamente ad accogliere il paziente nella sua intimità più profonda.
L’ascolto clinico diventa così un “gioco interattivo”, perché consente al terapeuta di contenere, comprendere e tradurre le comunicazioni del paziente, all’interno di un setting che si configura come contenitore e binario e che rende possibile proprio la costruzione di questo ascolto.
Per concludere, l’immagine offertaci da Masud Khan di “campo lasciato a maggese” (Khan, I Sé nascosti, 1983) sembra offrirsi al fine di rimandare proprio ad una funzione che può essere attribuita all’ascolto che, all’interno dei vari diversificati setting, convoca tutti i sensi, che opera in tutte le direzioni dell’incontro col paziente, che funge da spazio transizionale dell’esperienza terapeutica, che lascia la mente come un campo a maggese, in attesa che tornino a circolare pensieri nuovi e creativi.
In nome dell’ascolto che dovrà sempre essere, oltre che rispettoso, anche responsabile, M.A. Fenu chiude il volume con una postfazione in cui con orgoglio di Presidente ricorda che in solidarietà con le Istituzioni che combattevano l’emergenza italiana Covid 19, la SIEFPP ha firmato una convenzione con il Ministero della Salute per far fronte all’emergenza pandemica, attraverso i 400 psicoterapeuti professionisti messi al servizio di un numero verde di un servizio gratuito di ascolto psicoanalitico, di consulenza e sostegno.
L’impresa promossa, “dal risvolto senza precedenti per la professione e la deontologia psicoanalitica”(Fenu), trova in questo ricco Volume la testimonianza della centralità nella cura dell’ ascolto psicoanalitico da conquistare solo attraverso il rigore di precisi e articolati processi formativi.
Federica Carpino